Insegnare al gatto a venire quando lo si chiama

Nell’emisfero boreale le ore di luce variano a seconda della stagione e questo rende piuttosto difficile assicurarsi che il gatto sia a casa quando si vuole. La soluzione è insegnargli a venire quando lo si chiama. Perché in genere non si adotti questo metodo, detto sinceramente, mi sfugge. Micio può essere addestrato. Certo, non con la facilità di un cane perché per lui compiacere gli uomini non ha molto significato e anzi, «Non mi interessa» è la risposta di rito a una nostra qualsiasi richiesta. E allora diamogli un’ottima ragione per obbedire: cibo.

Non quello che mangia tutti i giorni, qualcosa di speciale, una golosità come croccantini per cuccioli (più ricchi di proteine e grassi rispetto a quelli per adulti), pezzettini di carne, pollo o qualche gambero. Scegliamo il tipo di richiamo, che deve avere tonalità e sequenze precise. Limitarsi al solo nome potrebbe non suscitare nessun interesse nel gatto, perciò sforziamoci di trovare qualcosa di efficace, magari con una o più note che gli siano familiari, alle quali presterà attenzione con più facilità. Se poi abbiamo più di un gatto, dovremmo pensare a richiami diversi. Potremmo, per esempio, chiamarne uno con una sola nota acuta e ripetuta e l’altro con una sequenza di due note basse. 

L’ingrediente magico, ancora una volta, è la costanza. Ovviamente, non dimentichiamo una gustosa ricompensa. Perché Micio dovrebbe scomodarsi solo per una carezza e un paio di complimenti? Come già sappiamo, questi ultimi in particolare non gli interessano più di tanto. Dobbiamo allora corromperlo. Premiamolo, e bene. Facciamo in modo che ne valga la pena e vedremo che, quando lo chiameremo, zampetterà da noi. Ma solo se non sarà già impegnato in un’entusiasmante battuta di caccia al topo, s’intende. Per Micio non esiste prelibatezza al mondo che possa reggere il confronto con la gioia assoluta della caccia. (Foto: Pinterest)