venerdì 4 febbraio 2022

Ecco perché il gatto non è un piccolo cane

Per migliaia di anni i gatti sono stati considerati solo efficienti sterminatori di topi, ratti e affini. Trascorrevano all’aperto quasi tutta la giornata e si presentavano alla porta della cucina per una scodella di latte o qualche avanzo. Nelle famiglie della nobiltà britannica i cani se ne stavano ai piani alti con i proprietari mentre i gatti erano confinati in cucina e nutriti dalla servitù. In parole semplici, il cane era ‘nobile’ e degno di stare al livello dei signori, il gatto solo un servo di bassa lega. Per moltissimo tempo il cane è stato senz’ombra di dubbio l’animale da compagnia per eccellenza.

Non dobbiamo quindi meravigliarci se ancora oggi il nostro modo di pensare e considerare il gatto è influenzato, a livello più o meno consapevole, da questo rapporto ormai atavico con Fido. Per anni e anni anche la medicina veterinaria si è occupata quasi esclusivamente del cane e ancora fino a poco tempo fa ai gatti erano somministrati medicinali per cani solo di rado adattati, ma non specificamente prodotti, per loro. Persino i comportamentalisti esperti consideravano il gatto come un cane un po' diverso (quando non addirittura imperfetto) e quindi vi applicavano lo stesso concetto di branco e dominanza (oggi considerato errato anche per i cani). 

Attualmente il gatto si aggiudica la medaglia di animale da compagnia preferito in molti Paesi. Ma, se vogliamo davvero che Micio sia felice, non dobbiamo trattarlo come un cane. Il gatto non è un cane. Non reagisce come Fido, ha una sensibilità diversa. Il cane sa adattarsi all’uomo abbastanza bene perché vuole piacergli e compiacerlo. Micio semplicemente non capisce a che cosa serva piacere o dispiacere agli umani. Un famoso testo inglese di patologia felina inizia così: «Cat isn't a little dog» («Il gatto non è un piccolo cane») a significare che sono due organismi del tutto diversi. 

Oggi i gatti domestici sono stressati da proprietari che si aspettano da loro comportamenti propri del cane. Questo almeno è quanto ne pensa John Bradshaw, esperto di comportamento animale e direttore dell'Anthrozoology Institute all'università di Bristol. Intervistato dal Telegraph, il ricercatore sostiene che i proprietari di gatti non capiscono che riempirli di coccole, come comunemente si fa con il cane, non li rende necessariamente più felici, anzi spesso l'eccessivo contatto con l'uomo li rende preda di malattie indotte dallo stress. 

«Diversamente dal cane - afferma Bradshaw - il gatto è ancora in uno stadio intermedio tra un animale selvatico e domestico e non si diverte proprio a vivere nel 21° secolo». Secondo Bradshaw i proprietari pensano che il gatto sia praticamente un cane con minori esigenze, mentre non capiscono che bisogna cercare di entrare nei suoi complicati meandri mentali per comprendere che ha un modo suo di vivere. Tutto parte dal processo di domesticazione che avviene tra l'uomo e il cane per una sorta di mutuo accordo, un dialogo nel tempo, che Konrad Lorenz ci racconta in modo esemplare all'inizio di «E l'uomo incontrò il cane». 

In sostanza il patto prevedeva un controllo della caverna, con tanto di mogli e bambini, contro un bel pezzo di carne rimediato dal cacciatore senza alcuna fatica per il quadrupede. Poi è venuta la caccia, la protezione delle greggi, l'aiuto agli invalidi e tutte le altre funzioni canine. Con il gatto è andata diversamente: l'uomo si è accorto che era capace di tenergli la casa sgombra dai topi e, senza accordi di sorta (il gatto non scende a patti), il rapporto si è consolidato nel tempo, purché il felino potesse uscire dalla porta della grotta quando voleva. 

Se c'è una cosa che i gatti odiano, sono le porte. E non amano la confusione e l'eccessiva presenza dei propri simili. Bradshaw ha studiato - per un programma trasmesso dalla Bbc - tramite telecamere a infrarossi, il comportamento notturno dei gatti di casa. Quello che è emerso dall'analisi dei filmati è che quando in casa vi sono diversi gatti, questi lottano fra di loro per il posto sul letto del proprietario o per l'angolo più confortevole dell'appartamento. «I gatti - afferma il ricercatore - possono vivere in uno stesso edificio, ma fanno una gran fatica a condividerne gli spazi». 

Quanto al loro affetto, secondo l'etologo, noi ci aspettiamo che ci siano molto affezionati. La realtà è che per alcuni è così, ma per molti altri no. Il fatto è che loro hanno altri grilli per la testa: tenere a bada il gatto del vicino, guardare gli uccelli che si posano sul davanzale e valutare se arrivano ad afferrare la farfallina appena entrata in casa. E non osiamo rompergli le scatole in questi sacri momenti con le nostre coccole che pretendono un lauto ritorno di fusa. Le fusa le fanno quando pare e piace a loro. (Foto: Pinterest)

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